san paolo

Il disperato samba della Rossa

 di Giuseppe Cracolici

Rio de Janeiro – Un lungo, impazzito fiume umano. Da Copacabana al cuore commerciale della citta. Sull’immenso prato, davanti al Parlamento in Brasilia, c’erano 55 mila persone, nell’Avenida Paulista a São Paulo, hanno sfilato oltre 250 mila persone. Come nei giorni del Carnevale

Brazil Political Crisis

Una grande festa, musica, fuochi d’artificio e l ‘inno brasilianoa squarciagola “Brasil, um sonho intenso, um raio vívido, De amor e de esperança à terra desce…” .  (Brasile, un sogno intenso, un raggio vivido, d’amore e di speranza scende alla terra).

Il Samba da rosa  di Toquinho e Vinicius de Moraes è diventato il disperato Samba della Rossa, la presidentessa ripudiata, da mandare a casa. Dilma, la rossa, ha ancora una piccola speranza al Senato, ma il popolo brasiliano ha già deciso. In modo imponente, schiacciante, inequivocabile. A prescindere dalla vittoria netta dei si per l’impeachment alla Camera (367 si, contro 107 no) le scene di festa nelle piazze di quasi tutto il Paese, valgono più di una votazione, appaiono una sentenza. Ora chi oserà sfidare apertamente questa piazza?

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La procedura prevede che al Senato  venga nominata una commissione speciale che avrà il compito di accogliere o respingere la richiesta di impeachment. Se fosse accettata, l’aula sarà chiamata a esprimere un voto: dopodiché Rousseff avrà tempo 180 giorni per allestire la sua difesa davanti ai giudici della Corte costituzionale.

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Dopodiché il Senato sarà chiamato all’ultimo atto, il voto finale. E nel caso in cui 54 membri degli 81 membri dell’assemblea, approverà la messa in stato di accusa, Dilma decadrebbe dall’incarico, che sarebbe assunto pro tempore dal suo attuale vice presidente, Michel Temer.

Dilma por um fio”, “Dilma appesa a un filo” ha titolato O’Globo, uno dei maggiori quotidiani del Brasile. E lo stesso titolo ha fatto anche il prestigioso settimanale inglese “The Economist”: insomma da questa e da quella parte dell’oceano la si pensa allo stesso modo.

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Una cosa è certa il Brasile è in ginocchio: negli ultimi diciotto mesi piú di 200 mila imprese hanno chiuso, oltre 10 milioni di lavoratori hanno perso il lavoro, la politica “Assistenzialistica e Popolare” di certo non ha funzionato.

La media borghesia, le classi più popolari sono sempre più povere ed in difficoltà, l’aumento delle tasse ha fatto aumentare il prezzo dei beni al consumo.

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La forbice, da sempre molto consistente qui in Brasile, fra ricchi e poveri, è ancora aumentata, e si teme possa addirittura allargarsi.

Il periodo d’oro è svanito, quel periodo di crescita economica che aveva permesso a milioni di brasiliani di uscire dalla povertà, il processo guidato dall’ex presidente Lula che aveva in qualche modo sostenuto le grandi imprese e nel contempo migliorato il welfare.

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Nel 2010 Lula concluse il suo mandato con un tasso di approvazione altissimo, circa l’87 per cento, al punto che Obama arrivò a definirlo addirittura “il politico più popolare del mondo”.

Sono passati solo sei anni, ma ora è tutta un’altra storia. Se da una parte i due governi Lula e Rousseff hanno certamente aumentato l’assistenza e lo stato sociale, dall’altra non si sono mai preoccupati di una politica di sviluppo che consentisse alle classi social meno abbienti  di crescere, di lavorare, di diventare autonome. In qualche modo si è “preferita” una politica dell’assistenza. Così come non è mai stata attuata una vera, consistenza spending review . Sono stati tagliati cinque ministeri ma non c´é stato un taglio reale della spesa pubblica in quanto gli incarichi ed i costi sono stati ridistribuiti nei restante trentasei ministeri.

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E poi c’è stata l’esplosione Petrobras, il grande scandalo delle tangenti. Una sorta di Mani pulite, un pugno di di pm ed un giudice federale Sérgio Moro, hanno rivoluzionato il Paese.

Le grandi società edili ed energetiche del Brasile si sono enormemente arricchite grazie ad appalti pubblici e finanziamenti del governo, si sono scoperti fondi neri per le campagne elettorali.  Più di 130 persone, tra cui dirigenti aziendali ed ex politici coinvolti nel caso sulla corruzione in Brasile, sono stati arrestati. E quasi due terzi dei politici federali sono, in un modo o nell’altro, sotto inchiesta o coinvolti nelle indagini. Si è arrivati, come è noto sino a Lula. Questa Mani pulite brasiliana ha preso il nome di “Autolavaggio”

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Giuseppe Cracolici

E intanto c’è chi non esclude che nonostante tutti questi scandali nel 2018 Lula possa ripresentarsi per guidare il Paese.

Wagner Santana segretario generale del sindacato dei metalmeccanici (quello che Lula ha presieduto alla fine degli anni Settanta, prima di fondare il Partito dei Lavoratori) rilancia una ipotesi Lula apertamente. L’ultima contraddizione di questo grande Paese.

 

 

 

 

 

 

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