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La lezione del Presidente

di Sandro Pertini

La retorica come sottolineava Alberto Savinio in “Sorte dell’Europa” “è un male endemico del nostro paese, è il male che inquina la nostra vita, la nostra politica, la nostra letteratura, è una delle cause principali, se non addirittura la principale, delle nostre sciagure.” Ed è esattamente così. Ed il 25 aprile è ormai una cascata di retorica poggiata su menzogne, falsità, reticenze e bugie dettate dall’opportunismo politico. Ed allora celebriamo la Resistenza con un articolo di quasi cinquant’anni fa, quello di Sandro Pertini sul Lavoro  il 25 aprile del 1968

12La Resistenza in Italia sorge in tempi diversi che in altri paesi. In Francia, Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Unione Sovietica la lotta partigiana ha inizio solo quando l’esercito nazista occupa il territorio di quelle Nazioni.

In Italia la matrice della Resistenza è stata la lotta antifascista. Essa, cioè, sorge sul solco lasciato dal pensiero, dall’azione e dal sacrificio degli antifascisti. E’ una strada già segnata da pietre miliari che recano il nome di Giacomo Matteotti, Don Minzoni, Giovanni Amendola, Antonio Gramsci e dei fratelli Rosselli e nella guerra di Liberazione a queste pietre miliari altre si aggiungeranno recanti i nomi di patrioti e di partigiani. Lungo il cammino segnato dalle orme di sacrifici immensi, di crudeli persecuzioni, di sublimi olocausti di giovani vite.
E questo tributo è stato pagato soprattutto dal popolo lavoratore italiano.
Orbene, mentre dopo il primo Risorgimento le masse popolari guardavano allo Stato con ostilità, perché basato sul privilegio, monopolizzato da una minoranza, retto da uno Statuto che concedeva una libertà astratta senza alcun contenuto sociale; dopo il secondo Risorgimento le masse popolari hanno giustamente considerato la Repubblica come una loro conquista, perché esse furono le vere protagoniste della lotta antifascista e della Resistenza.

Pertini, Stucchi, Longo, Parri e Mattei a Torino nel 1961

Pertini, Stucchi, Longo, Parri e Mattei

Allo Stato la classe lavoratrice italiana non ha più guardato con ostilità, ma con fiducia, sicura di ottenere finalmente dalla giustizia che le era sempre stata negata. Sarebbe ipocrisia affermare che questa fiducia è stata pienamente soddisfatta. Ancora troppe ingiustizie permangono.
La Carta Costituzionale racchiude in sé il patrimonio politico, sociale e morale della lotta antifascista e della Resistenza se essa fosse applicata integralmente, darebbe alla libertà il suo naturale contenuto sociale ed oltre alla democrazia politica avremmo una democrazia economica e sociale. Diverrebbe allora la libertà una conquista duratura, radicata nelle masse lavoratrice e non più alla mercé di pericolose avventure.

42 archivioMa norme fondamentali della Costituzione sono tuttora lettera morta. Non si potrà parlare di vera democrazia, finché, ad esempio, resterà in vigore una legge di pubblica sicurezza, che è sempre quella fascista: finché vi saranno italiani privi di lavoro, amara realtà in contrasto con l’articolo 4 della Costituzione, il quale riconosce ad ogni cittadino il diritto al lavoro. Un uomo non sarà mai veramente libero, se non sarà liberato dall’incubo del bisogno. Non si avrà una democrazia finché vi saranno lavoratori vecchi, i quali non possono godere di una pensione che consenta loro di vivere dignitosamente gli ultimi anni della loro esistenza.

Sandro_pertini_2_newsLa democrazia, conquistata dalla classe lavoratrice, deve entrare in tutti i settori della vita nazionale e deve, quindi, entrare anche nelle fabbriche con l’attuazione dello Statuto dei lavoratori.

Nelle fabbriche i veri protagonisti sono le maestranze, i tecnici, i dirigenti ed esse non possono essere considerate un feudo d’una minoranza o di un singolo. Inoltre il lavoratore deve rispondere del suo lavoro, non della sua tessera politica. Deve divenire una realtà l’articolo 1 della Costituzione, il quale afferma “essere l’Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

Necessario, perciò, riformare le strutture dello Stato, vecchie di cent’anni, soprattutto perché lo Stato diventi strumento delle forze popolari.

SanMa non avremmo mai una sana e vera democrazia e tradiremmo il disinteressato sacrificio dei nostri caduti, che solo ad un alto ideale di libertà hanno fieramente offerto la loro vita, se non vigilassimo perché con onestà e rettitudine sia amministrata la cosa pubblica. La corruzione è nemica della libertà ed apre la strada a pericolose avventure.
Entri la democrazia, questa conquista della Resistenza nelle scuole.
Grave e serio problema quello che ci hanno posto i giovani. E’ vero, l’hanno posto con violenza alla classe dirigente politica, la quale avrebbe dovuto risolvere a suo tempo, evitando, così esasperate manifestazioni.

1978 a piedi al giuramentoMa il problema esiste e non potrà mai essere risolto con la polizia. E’ un problema non solo di più moderne ed adeguate attrezzature della scuola e di rinnovamento dei programmi per renderli più aderenti al nostro tempo. E’ anche soprattutto un problema di democrazia.
I giovani non possono accontentarsi della fredda e spesso stereotipata lezione cattedratica; essi chiedono giustamente seminari e gruppi di studio. Ed hanno ragione. I professori non assolverebbero degnamente il loro alto e nobile compito, se intendessero stabilire un rigido rapporto gerarchico tra essi e i loro allievi. I professori, cioè, debbono stabilire rapporti umani con la gioventù studentesca, sentirsi ”maestri” nell’accezione antica della parola e quindi discutere con i loro discepoli, ascoltare i loro dissensi, le loro ansie, prendere in esame le loro proposte.

1244317Gli insegnanti non possono limitarsi ad adornare meccanicamente le menti dei giovani di cognizioni di cultura. Se così facessero, si ridurrebbero ad essere dei costruttori di perfetti ”robot”.
Un altro e più nobile compito essi hanno. Hanno il compito, prima di tutto, di plasmare la coscienza dei giovani, di fare di questi giovani degli uomini liberi. Perché, nessuno lo dimentichi: i giovani di oggi saranno i dirigenti di domani della nostra società. Se il solco di diffidenza ed anche di ostilità che divide gli anziani dai giovani, non sarà colmato da una umana reciproca comprensione, giorni tristi maturerebbero per la nostra democrazia e andrebbe disperso il patrimonio morale e politico della Resistenza.
Se questo accadesse, fallirebbe l’attuale classe dirigente, come fallì la clarsse dirigente che fu travolta dal fascismo.

Sandro-PertinixcxcxcNoi abbiamo fiducia nei giovani e li esortiamo a non guardare più con ostilità allo Stato, alla nostra società, ma consapevoli delle loro responsabilità di domani si sentano sin da oggi dello Stato e della società parte operante: si sentano partecipi del divenire democratico del nostro Paese. Noi anziani siamo certi che essi saranno quello che seppero essere i giovani artefici della Resistenza: uomini liberi. E potremmo serenamente guardare alla fine della nostra giornata persuasi di consegnare il patrimonio della Resistenza in mani valide; sicuri che la democrazia sarà sempre difesa e non conoscerà più tramonti

 

 

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