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White House Cocoon

  di Maria Giovanna Maglie  

Trump si è concesso un bel rally con i motociclisti, quelli alla Easy Rider, in raduno Rolling Thunder a Washington mentre Hillary Clinton continua a girare come una trottola per le sette chiese della California perché deve stravincere se vuole mettere nell’angolo quel rompiscatole di Bernie Sanders. I tre, a dire il vero, girano come trottole tutti, e tengono botta, altro che rottamazione, visto che hanno quasi 69 lei, 70 Trump e 74 anni Sanders

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Adattatevi a Trump o perirete, manda a dire senza troppe perifrasi il potente senatore dell’Alabama, Jefferson Beauregard Sessions III . Mentre gli irriducibili avversari giocano a scrivere ogni giorno in giro per il mondo lo stesso articolo che lo paragona quando va bene all’ungherese Orban o al filippino Duterte, quando si addentrano di più sul precedente storico a Hitler e a Mussolini, Donald Trump si gode una buona settimana da già nominato e già in campagna per novembre, e si concede pure il lusso di indossare l’elmetto.

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Donald Trump

Chiamatelo comandante Trump, se ci credete. La California e gli altri quattro Stati rimasti gli daranno il 7 giugno un numerone per la convention, intorno ai 1500, forse di più; i boss del partito repubblicano negli Stati lo appoggiano e invitano gli altri big, Paul Ryan in testa, a schierarsi nettamente o finiranno travolti dal fenomeno Trump.

La dimostrazione definitiva l’hanno data i delegati unbound, nominati dal partito, del Nord Dakota, accodandosi e consentendogli di raggiungere anzitempo il fatidico numero 1237, anzi 1239; il Partito libertarian che ora sembra l’ultima moda può darsi che raccatti qualcosa di più dell’ultima volta, quando raggiunse addirittura l’1 per cento, ma non c’è ragione di impensierirsi.

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Hillary Clinton

Hillary Clinton e il suo staff sembrano aver scelto per contrastarlo il metodo conosciuto come Romney, sperimentato nel 2012 da Obama per l’allora avversario, cioè diranno che Trump è troppo ricco per raggiungere l’americano che guadagna meno di 50mila dollari l’anno, ma è un nonsense visto che di quella categoria è fatto il cuore dell’elettorato arrabbiato che segue Trump, e visto che i Clinton sono una vera macchina mangia soldi, non guadagnati con l’impresa ma con la politica.

Non basta, Hillary Clinton gira come una trottola per le sette chiese della California perché deve stravincere se vuole mettere nell’angolo quel rompiscatole di Bernie Sanders. I tre, a dire il vero, girano come trottole tutti, e tengono botta, altro che rottamazione, visto che hanno quasi 69 lei, 70 Trump e 74 anni Sanders.

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Tranquillo come appare, Trump si è concesso anche un bel rally con i motociclisti, quelli alla Easy Rider, in raduno Rolling Thunder a Washington per la ricorrenza del Memorial Day, il giorno del ricordo dei caduti. Una si aspetta che siano dei ragazzi invecchiati di sinistra, invece vanno in giro con il button “Hillary for prison 2016”, e sono già 46mila i “bikers for Trump”, gruppo sorto su Facebook alla faccia di Zuckerberg. Harley Davidson e ceffi duri si sono visti in crescita ai comizi di Trump, e domenica lui ha spiegato l’arcano: loro lo proteggono, lui è andato a ringraziarli.

Il 28 agosto 1963 a conclusione di una marcia sui diritti civili a Washington, Martin Luther King tenne il suo famoso discorso «I have a dream».

“I have a dream”, Martin Luther King

L’inizio è stato in puro stile trumpiano: mi aspettavo una folla più numerosa, come nel 1963 per Martin Luther King, perché noi faremo di nuovo grande l’America.

Molti i veterani tra la folla, commentavano con ovazioni il copione collaudato di Donald Trump, quello di sempre: riscrivere gli accordi commerciali degli Usa con il resto del mondo, fermare l’immigrazione illegale, abbassare le tasse alle imprese e ai redditi più bassi. Ma ha anche dichiarato l’impegno a costruire forze armate più potenti, che è un tema nuovo della retorica del candidato, a lungo accusato di isolazionismo, di volersi ritirare dai teatri di guerra; e, corda sensibile dei convenuti, ha promesso di migliorare l’assistenza sanitaria per i reduci, che ce l’hanno a morte per questo con Obama, e che lui ha infiammato dicendo che gli immigrati clandestini e i musulmani sono trattati meglio di loro dall’attuale Amministrazione.

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Frontiera Usa-Messico

“All’Isis faremo sputare sangue- ha assicurato – basta con le umiliazioni, il grande generale Patton e tutti i nostri generali si stanno rivoltando nella tomba quando vedono che non riusciamo a battere l’Isis“. Frase subissata di applausi e fischi entusiasti, quanto l’altra sul muro che sarà costruito lungo il confine messicano. “Chi lo pagherà”?, ha chiesto Trump alla folla: “il Messico!“, la risposta corale. Ora, il famigerato muro, o rete, o quel che vi pare, c’è da decenni lungo la parte sensibile del confine, ma questo è un altro discorso, che merita una corrispondenza dedicata.

Hillary Clinton invece la settimana la passa saltabeccando per la California perché le cose non vanno come dovevano andare, e la rabbia sua e dello staff è grande. Le ultime primarie in uno Stato largamente democratico con un grande premio di delegati, the big prize, erano state immaginate come un’incoronazione, ma la corsa è praticamente alla pari e l’umiliazione sarebbe forte.

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Sanders e Clinton

Ripetiamo ancora una volta che la nomination democratica la Clinton ce l’ha già, perché ha 2310 delegati, gliene mancano in tutto 73, un buon numero dei quali li otterrà domenica prossima in Puerto Rico, che assegna 67 delegati, e naturalmente li otterrà abbondantemente visto che martedì 7 ne vengono distribuiti addirittura 694.

Insomma, la California non le serve, ma arrivare alla nomination con la California persa non va bene, non si deve fare il discorsetto da nominata sicura mercoledì mentre sugli schermi delle tv passano dati diversi. La verità? Ha vinto 26 Stati finora ma ne ha persi 20, e per l’esattezza ha perso 3 dei cinque Stati più importanti, per mano di un parvenu, ché tale Sanders era considerato nel Partito Democratico, un progressista socialista dalle idee bislacche, sempre a Washington ma sempre ai margini.

Maria Giovanna Maglie

Maria Giovanna Maglie

Nel 2008, per capirci, Hillary vinse con otto punti di distacco sul candidato poi nominato e poi eletto, Barack Obama, perché i Clinton sono sempre stati i padroni, i pupilli della California.

Oggi Sanders è forte, la campagna, che aveva dichiarato di non voler stanziare più denaro per le primarie, è rapidamente tornata sui suoi passi, più di un milione in pubblicità, e un aiuto ulteriore dalla Federazione statale degli Insegnanti.

(Maria Giovanna Maglie, Dagospia)

 

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