di Eduardo Palumbo
Prefiche, sibille e cassandre. Economisti, politici, europeisti di testa e di cuore. Vi ricordate i fiumi di parole e le previsioni catastrofistiche sulla Brexit? Sembravano i Maya, la fine del mondo era vicina, tutti sull’orlo del burrone, ad un referendum sembrava segnata la sorte non solo del Regno Unito ma dell’Europa intera
Tremava la City, la prima piazza finanziaria del mondo che non voleva perdere un mercato di 500 milioni di consumatori europei. Si temeva lo shock economico, si considerava un successo una flessione dell’1 per cento del pil britannico su base annua, e scomparire dopo tre anni.
C’era chi ipotizzava che l’80 per cento delle banche europee e il 50 per cento delle banche non britanniche e non europee si sarebbe trasferito nella zona euro, il flusso potenziale di capitali in entrata nella zona Ue sarebbe stato di 680 miliardi di sterline (circa 860 miliardi di euro), ossia l’equivalente del 34 per cento del pil britannico e di almeno l’8 per cento di quello dell’Eurozona. Depressione, recessione, insomma un dramma. “God save the Queen” almeno quello…
Ma i profeti di sventura vengono smentiti dai fatti e dalle cifre, lo scatafascio non c’è stato e neanche la grande fuga. Ed allora scopri che i consumatori britannici hanno festeggiato il ritorno all’indipendenza: le vendite al dettaglio a luglio sono cresciute dell’1,4 per cento rispetto al mese precedente e del 5,9 per cento su base annua.
Secondo l’agenzia di rating Moody’s, al contrario di quanto previsto dalla grande maggioranza degli analisti, non ci sarà nessuna recessione, la sterlina del resto si è subito rafforzata, salendo ai massimi sul dollaro a 1,3159.
E’ il mercato del lavoro, i licenziamenti annunciati, il controesodo, gli impiegati che con i loro cartoni venivano spediti a casa dalla City, quelle immagini angoscianti che hanno fatto il giro del mondo dopo il crac della Lehman Brothers? Niente di tutto questo, almeno per ora.
Il numero di disoccupati è sceso di 52mila unità a 1,64 milioni nel trimestre aprile-giugno, il minimo da otto anni, secondo dati ufficiali resi noti dall’Ufficio nazionale di statistica (Ons). Il tasso di disoccupazione resta invariato al 4,9 per cento, mentre il tasso di occupazione (74,5) ha toccato il massimo storico. Ma non è tutto. Contrariamente alle previsioni il numero di richieste di sussidi nel mese di luglio,è sceso di 8.600 unità a 763.600, un altro segnale della buona salute del mercato del lavoro. Positivo anche l’aumento del 2,4 delle retribuzioni medie in giugno, in seguito all’entrata in vigore di un nuovo salario minimo più alto.
L’economia britannica è in buona salute, i segnali sono tutti positivi, le sciagure previste con Brexit, sono solo un ricordo. E, nel frattempo, hanno anche cambiato un governo.
Storia ben diversa dalla Grecia che, come è noto, ha siglato un memorandum d’intesa con i suoi creditori internazionali per ottenere l’ok al programma di aiuti da 86 miliardi di euro.
Il governo greco ha approvato il primo processo di dismissione, la cessione di 14 aeroporti regionali al gestore tedesco Fraport per 1,23 miliardi di euro. Regno unito e Grecia, destini diversi, chi ha scelto di abbandonare l’Europa, chi ha deciso di rimanervi aggrappato a qualsiasi costo.