Il rigore fallito da Graziani

La Romantada. E ora la vendetta

di Adolfo Mollichelli

Da una vita seguo con simpatìa tutte le squadre italiane impegnate in campo internazionale. Contro, proprio non ci so andare. Dimentico anche il campanile. Perché homo sum, humani nihil a me alienum puto (Terenzio). Ed è impagabile assaporare le storie calcistiche, tutte. Qualche anno fa, mannaggia l’età (ma viva anche) ci si sedeva nei salotti in tanti davanti alla tv (agli albori), casigliani con il piacere ed il gusto di vedere che cosa avrebbe fatto la “nostra squadra”.

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Daniele De Rossi

E la prima fu la Fiorentina di Bernardini che era bella come una viola in primavera: Sarti; Magnini, Orzan; Cervato, Scaramucci, Segato; Julinho, Gratton (giocherà anche nel Napoli), Virgili, Montuori, Bizzarri.

Era la seconda edizione della Coppa dei Campioni. Avversario il Real Madrid campione in carica. Lo squadrone di Kopa, Rial, Di Stefano e Gento. Due a zero per los blancos: reti di don Alfredo (che avrei intervistato in esclusiva 52 anni dopo) e Gento che correva i cento metri (col pallone tra i piedi) in undici netti: la saeta.

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Sivori, Pallone d’oro 1961

Ammirazione per gli avversari e delusione per la sconfitta della viola. Però, che squadrone questo Real. Ce lo trovammo di nuovo in video, noi casigliani per le italiane, qualche anno dopo. Nel frattempo avevo cominciato ad amare un campione, il “mio campione”: Enrique Omar Sivori detto el cabezòn per i riccioli che gli rendevano grossa la testa.

Ma aveva un cuore d’oro e un sinistro fatato e quando venne a giocare nel Napoli impazzii di felicità. Una storia infinita, la sua conoscenza, il potergli stare vicino, il pianto a dirotto e la tastiera bagnata quando mi raggiunse a casa la telefonata del giornale: è morto Sivori, ha detto il direttore che nessuno meglio di te potrebbe ricordarlo.

Andata a Torino. Il Real vinse con un gol di Di Stefano. Il ritorno sarà una carneficina, era il pensiero ricorrente. La Juve si presentò al Bernabeu in completa tenuta nera. Ma che fanno, sbertucciano il caudillo? pensammo noi casigliani per le italiane.

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Il Real era la squadra amata da Franco che quando poteva trovava anche il tempo per el robo: sottrarre al Barcellona dei culé i campioni che la dirigenza blaugrana aveva individuato per rinforzare la squadra.

La Casa Blanca ci provò anche con Luisito Suarez (altro campione che ho amato) ma non gli andò bene. Dunque, la gara. La decise Sivori con uno dei suoi gol sublimi.

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Mazzola e Milani, Real in ginocchio. Coppa dei Campioni all’Inter

E fu spareggio. A Parigi, al Parco dei Principi. Sul più bello, andò via il collegamento internazionale. Avevano segnato Felo per il Real ed il “mio” Sivori. Quando fu ripristinata la linea, vedemmo Sivori che inseguiva Pachin, il suo macellaio, e il risultato cambiato: aveva segnato Del Sol detto il postino che l’anno dopo avrebbe vestito il bianconero. La ley del Madrid. Una storia infinita.

Finché non arrivò l’Inter del mago Herrera. E ci pensarono Sandrino Mazzola e Milani (gol della staffa di Felo) a metterla sul valzer, si giocò al Prater di Vienna. Noi casigliani per le italiane festeggiammo.

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1984 Roma-Liverpool, il gol di Pruzzo.

Nostalgìa va via. Per come era vissuto il calcio una volta. Okay. Andremo a vederci crucchi contro madridisti e giallorossi contro reds. Faccia a faccia 34 anni dopo la finale stregata in casa. Vinse ai rigori il Liverpool e fu depressione romana e romanista. Naturalmente, mi auguro che arrivi in finale la Magica. Daje Danielì (De Rossi).

 

 

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