Beatles-Liverpool-Getintothis-GIT- 1

Quel sabato in chiesa a Liverpool
che Paul incontrò John…

di Giuseppe Pasàn

 Continua la magia dei Beatles, una favola nata a Liverpool  quando un sabato pomeriggio due ragazzi si incontrarono in una chiesa…

btls5

Quel primo sabato di luglio il cielo di Liverpool era grigio. Come al solito. Era un week end triste , senza passione e senza entusiasmi. Gli amati Reds galleggiavano da tre anni in seconda divisione e mai giorni erano stati tanto cupi. Una fede incrollabile cominciava a vacillare. “Yuo’ll never walk Alone”, la scritta che giganteggiava all’ingresso del mitico stadio Anfield Road, “Non camminerete mai soli” (che poi è anche il titolo del magico inno del Liverpool) non  faceva più battere a mille il cuore degli hooligans che si sentivano guerrieri disarmati. Cresceva la rabbia, morivano i sogni. Jhon Evans era il goleador del tempo ma a nessuno passava neanche minimamente per la testa di chiedergli un autografo. Mancavano gli idoli, mancavano gli stimoli, mancava qualcosa in cui credere. Era l’estate 1957, cinquantasette anni fa.

john-lennon-20

John Lennon

Eppure quest’anonimo, piovigginoso fine settimana di Liverpool, avrebbe di lì a poco dato una scossa talmente violenta a tutta la vecchia Europa da cambiare,  il modo di vivere  e di pensare dei giovani del tempo, la prima generazione del dopoguerra. E questo avvenne, naturalmente, con qualche mese di ritardo, anche in Italia. Era un’Italia che da pochi giorni aveva Adone Zoli alla guida di un governo monocolore democristiano che alla Camera si era salvato per un solo voto  e  con l’apporto decisivo del Movimento Sociale. Insomma il governo si reggeva grazie ai fascisti. Ma nessuno si scandalizzò più di tanto. Dopo i tentativi falliti di Merzagora e Segni il pragmatismo democristiano fece dare a Gronchi, che allora abitava al Quirinale, il via libera al monocolore col peccato originale. La politica non riempiva di certo le prime pagine dei giornali e la televisione aveva un solo canale. Il Paese vero aveva altro a cui pensare. Non c’era lavoro e quelli erano i giorni della grande emigrazione. Ogni anno erano circa duecentomila gli italiani  che partivano per il mondo inseguendo la fortuna.  Ma in  quel lontano 1957, furono il doppio, ormai era la deriva. Le campagne del sud si svuotarono, tantissimi anche coloro  che andarono al Nord “dove c’era il lavoro e c’erano le fabbriche”. Nacque il triangolo industriale, Torino con la Fiat e con le fabbriche dell’indotto venne addirittura presa d’assalto. Andò in produzione la Cinquecento, costo 395mila lire, tredici mesi di stipendio di un operaio. Il Belpaese comincia a sognare: sogna di farsi la macchina, di comprarsi il frigorifero. Da sei mesi l’anima popolare è scossa dal fremito televiso di Carosello, il primo contenitore pubblicitario apparso sui nostri teleschermi: quattro sketch di 2 minuti e quindici secondi l’uno ed  in coda il messaggio pubblicitario. I giovani impazzivano per Calimero, il pulcino piccolo e nero. Era lui  la grande star del momento insieme a Mario Riva, il conduttore del Musichiere un gioco a quiz impostato su indovinelli musicali. A Sanremo Claudio Villa ha vinto il festival in coppia con Nunzio Gallo con Corde della  mia chitarra.  Ma la canzone che tutti cantano è una casetta in Canadà, “una casetta piccolina con tanti fiori di lilla…” Questo  è quello che  si ascolta in Italia. Ma di lì a poco sarebbe cambiata la musica.

btlas18

Paul Mc Cartney

Già la musica. In quel grigio sabato nella chiesa di San Pietro di Liverpool, in occasione della festa annuale della  parrocchia suonava un complesso che si chiamava the Quarrymen (dal nome della scuola che frequentavano), gruppo skiffle (la musica skiffle  era una sorta di rock’n’roll dei poveri  nato, sulle rive del fiume Mersey, il fiume che taglia Liverpool, come canto della disperazione degli scaricatori di porto) che aveva come leader un diciassettenne dai capelli lunghi a caschetto che si chiamava Jhon Winston Lennon. Fu quel pomeriggio che un suo ex compagno dell’elementari Ivan Vaughan, gli fece conoscere il quindicenne Paul McCartney che si presentò  a modo suo, suonando “Long Tall Sally” di Little Richard. Alla fine della serata Paul era entrato a far parte del gruppo. Ma non come uno qualsiasi. Da subito divise la leadership  con Jhon Lennon. E fu così per sempre. Quel giorno, fu gettato il seme dei Beatles.   Da quel giorno cambiarono molte cose. In tutto il mondo. E non solo nella musica. Cominciarono anche ad accorciarsi le distanze con l’America. Nella vecchia, tradizionalista Europa stava per esplodere la questione giovanile. Dall’altra parte del mondo “On the road” di Jacque Kerouac  ea diventato il vangelo della gioventù americana. Una gioventù che era stata appena sfiorata, o non aveva proprio visto la guerra, e che di guerra non voleva neanche sentire parlare, tutti presi dalla volontà di andare in giro per il mondo per conoscere, vedere, scoprire, confrontare. E , soprattutto, amare  la vita intensamente giorno per giorno: era quella  che venne chiama la generazione beat (varie traduzioni ma sempre con lo stesso risultato: sconfitti, falliti, ribelli)  Una generazione senza casa,  che viveva per l’appunto On the road, in strada. Nella beat generation trovarono rifugio tutti quei giovani “arrabbiati” ed insicuri, che scelsero un’esistenza libera ed incondizionata,  fuori dagli schemi tradizionali. Cominciò a venire a galla il grande contrasto generazionale  tra genitori  e figli. Da una parte i “vecchi”, impegnati a portare avanti la propria famiglia in un contesto sociale borghese e senza alcuna prospettiva per il domani, e dall’altra i giovani che desideravano ardentemente un futuro migliore, meno piatto ed abitudinario di quello dei propri genitori e che con le sole forze della propria mente sognavano di cambiare il mondo. Ci volle una incubazione lunga e tormentata. Dieci anni e poco più. Poi venne il Sessantotto, la madre di tutti i sogni infranti. Ma alcuni sogni hanno resistito, come quello dei ragazzi di Liverpool: il sogno dei Beatles è sempre vivo, immortale. Ed ora da qualche mese si è arricchito di un cofanetto che si chiama “The Beatles bootleg recordings 1963″: 59 brani inediti.  Si tratta di episodi live, “take alternative” di studio e curiosità pubblicati ora per motivi di copyright. I diritti di quelle canzoni – se non pubblicate – sarebbero diventate di pubblico dominio. Ed erano tanti gli avvoltoi che pregustavano il grande affare. La chiave per comprendere questa uscita, per così dire “apocrifa”, visto che parliamo di pezzi live, take alternative di studio e altre curiosità, è nella data, il 1963. Per un complicato calcolo dovuto alle leggi internazionali sul copyright, i pezzi musicali sono protetti per 70 anni, a patto che siano stati già pubblicati, altrimenti sono “solo” cinquanta, dopodiché diventano di pubblico dominio, il che vuol dire che teoricamente chiunque può pubblicarli e utilizzarli senza chiedere il permesso a nessuno. Dunque questo materiale stava per scadere, e per prolungare la protezione per altri vent’anni, Universal e Apple hanno pensato di pubblicarli. Il che non vuol dire che sia un materiale imperdibile, ma certo sufficiente ad eccitare la fantasia dei fan più accaniti, i quali peraltro molto probabilmente conoscevano già una buona parte di questo materiale che negli anni è stato ampiamente saccheggiato da pubblicazioni illegali, i cosiddetti bootleg. Ma che cosa c’è in questo “inedito” dei Beatles? Non aspettatevi nulla di clamoroso o d’imperdibile, insomma non toglie e non mette rispetto alla classica produzione degli “scarafaggi”. Spiccano Bad to me e I’m in love, pezzi che furono registrati solo come demo, e poi incisi da altri gruppi. In gran parte, comunque, sono registrazioni alternative di brani ben noti: There’s a place, Misery, From me to you, I saw her standing there, tanto per intenderci, i piccoli grandi gioielli della prima esplosione beatlesiana. Ci sono cover di altri autori che i Beatles usavano eseguire dal vivo ma che non hanno mai registrato. Ad esempio Too much monkey business di Chuck Berry, un pezzo che Dylan amava molto e che lo aveva ispirato per la sua Subterranean homesick blues, oppure la buffa Hippy hippy shake, o ancora Some other guy, scritta dalla coppia d’oro della canzone americana Leiber & Stoller. Altra consistente parte dal materiale è tratta da apparizioni live alla Bbc. Molti pezzi sono arcinoti, come Roll over Beethoven o Love me do, ma anche qui non mancano le curiosità. Nell’elenco spicca One after 909, che il grande pubblico conosce solo nella versione apparsa nell’ultimo album pubblicato dai Beatles nel 1970, ovvero Let it be, ma che risaliva come composizione proprio al 1963 e di cui esisteva una registrazione dell’epoca, mai pubblicata prima.

beatles

 

 

 

 

 

 

CondividiShare on Facebook0Tweet about this on TwitterPin on Pinterest0Share on Google+0Share on LinkedIn0Email this to someone

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Altri post dello stesso Autore