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Napoli finalmente al primo posto
Ma è la classifica degli sprechi

di Eduardo Palumbo

Ma è possibile che Napoli sia in coda a tutte le classifiche? Ebbene no, ci sono un paio di graduatorie nelle quali largamente primeggiamo…

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Siamo testardi. Continuiamo a cercare una classifica dove Napoli non sia malinconicamente ultima. Basterebbe quella sulla qualità generale della vita (una graduatoria determinata sulla base di 36 parametri, raggruppati in sei macro-aree -Tenore di vita, Affari e lavoro, Servizi ambiente e salute, Popolazione, Ordine pubblico e Tempo libero-) che ci vede al centosettesimo posto, davanti a nessuno, per chiudere il discorso e programmare l’emigrazione. Peggio dei napoletani non sta nessuno, insomma. Dover guardare dal basso in alto tutta l’Italia, sino arrivare a Trento, città paradiso di questo malato stivale, fa male al cuore e, soprattutto, al fegato. Pensare di doverci trasferire, nella valle dell’Adige, nella Silicon Valley delle delle Alpi, venticinque parrocchie e la Fondazione Bruno Kessler (Fbk), istituto per la ricerca scientifica e tecnologica, per vivere decentemente lascia perplessi e indispettiti. Dal golfo di Napoli alla Valsugana, ma che razza di mondo è questo?
Certo le comparazioni giuste sono quelle fra le grandi città, il bioritmo di una metropoli è ben diverso di quello dei piccoli centri e sobborghi, cullati magari da foreste, parchi e pinete (il territorio di Trento, tanto per capirci, è al 50 per cento ricoperto da boschi) che hanno uno stile di vita diverso e rallentato. Com’è organizzata una citta, il rigore e l’efficienza con la quale è governata, sono questi i parametri che contano, quelli dove si potrebbe più facilmente mettere mano con una buona e sana amministrazione.

Luigi-De-Magistris-fascia-tricolore

Luigi De Magistris

E spulciando le classifiche, finalmente abbiamo trovato due graduatorie nella quale la nostra città spicca al primo posto, ben davanti a Roma capitale. Peccato che siano due graduatorie di sprechi: quella del costo per i servizi comunali e quella del costo per il consiglio comunale, due deprecabili primati che vedono Napoli sconsolatamente al primo posto. Ma andiamo in ordine.
Secondo i dati della Copaff, cioè la commissione per l’attuazione del federalismo fiscale che deve individuare il “costo giusto” dei servizi comunali si evince, infatti chiaramente, che a Napoli è concentrato il 38 per cento degli sprechi italiani, a fronte di un taglio del 5 per cento. In numeri assoluti Palazzo San Giacomo spende 344 milioni di euro e 600 mila in servizi generali (cioè ufficio entrate, anagrafe, stato civile, servizi tecnici, statistica), mentre, in un sistema corretto, ne dovrebbe spendere 226 milioni e 100 mila con una differenza del 52,4 per cento pari a 118 milioni e 500 mila. E per rendere più tangibile il nostro tasso di inefficienza basta leggere i numeri delle virtuosissime Bari e Torino, una a Sud e una al Nord, tanto per sottolineare che può esserci buon governo amministrativo a qualsiasi latitudine. In Puglia, la città guidata dal sindaco Michele Emiliano spende 42 milioni e 300 mila euro, potrebbe addirittura spenderne 70 milioni e rotti, cioè quasi 29 milioni di euro in più. Torino, in egual modo, sborsa per i servizi comunali 140 milioni di euro, in base ai fabbisogni standard potrebbe spenderne invece 222 milioni.
E’ triste dover constatare che a Napoli è concentrato il 38 per cento degli sprechi italiani. La burocrazia alle falde del Vesuvio è un mezzo disastro. Ventimila dipendenti, di cui 10 mila diretti e ulteriori 10 mila nelle partecipate.  E passiamo ora al Consiglio Comunale, di certo un’assemblea che al di là di ogni considerazione non sembra essere un organismo che funzioni in modo impeccabile. Ma non è questo il punto. Esistono in Consiglio ben sedici gruppi consiliari, sette di centrodestra e nove di centrosinistra, nei quali confluiscono 20 partiti o sigle per appena 48 consiglieri eletti. Abbiamo addirittura sei partiti composti da un solo consigliere comunale, come dire che in città anche le sfumature di ideologia (volendo dare dignità ad alcune operazioni) sono rappresentate. Una tale frammentazione non esiste in nessuna altra grande città, una parcellizzazione che, oltre un aggravio di costi, si traduce con un forte aumento di tasso di ingovernabilità. E se pensiamo che questo Consiglio Comunale è stato votato appena da un napoletano su due tutto finisce con l’essere ancora più paradossale…

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