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La Repubblica delle banane

di Gianpaolo Santoro

La notizia non è che la nazionale è tornata a casa subito dal Brasile, un tuffo e via. Era successo anche quattro anni fa in Sudafrica. Un segno di continuità.

La notizia è che un renziano si è dimesso perché si è sentito trattare come un politico. Ironia della sorte. La notizia è che Abete dopo sette anni di presidenza e dopo sette mondiali come dirigente, toglie il disturbo, si fa da parte. Come dire? Non tutte le sconfitte vengono per nuocere.

Sbattuti fuori da un Uruguay da battaglia, l’Italia calcistica comincia a fare il censimento delle macerie. I senatori azzurri (Buffon e De Rossi) accusano i giovani di non avere le palle, come direbbero ad Oxford, ma guardandosi bene dal fare nomi e accuse specifiche. I vecchi in mutande continuano a vomitare banalità, dando la colpa soprattutto ad altri ( l’arbitro, qualcuno che ha reso meno..) senza mai affondare il coltello nella ferita.

ALLIANCE - EURO 2012  - GERMANIA- ITALIA

Prandelli e Balotelli

 

Individuato Balotelli come capro espiatorio, tutti abbracciano questa tesi, la via d’uscita più facile. E più vigliacca. E’ fallito il progetto tecnico. Prandelli l’ha dichiarato a fine partita, ma ufficiosamente già fra il primo ed il secondo tempo quando ha cacciato Balotelli è messo in campo Parolo ha fatto capire come la pensava. Meritavamo, potevamo passare il turno?

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Giancarlo Abete

La Repubblica delle banane. Il nostro calcio è forse anche a peggio. Dopo essere stati battuti da Costa Rica e Uruguay e rimandati tutti a casa, scopriamo che la dorata trasferta azzurra (l’albergo più caro quasi 400 euro a stanza singola, contro gli 80 euro spesi dai tedeschi, che poi si sono fatti anche due conti e l’Hotel se lo sono comprati…) aveva una vizio d’origine, e non un particolare trascurabile. Siamo partiti per l’avventura Mundial con un tecnico avvelenato contro tutti ed un Presidente federale già in cuor suo dimissionario (come egli stesso ha candidamente rivelato). Insomma a dirla tutta l’eliminazione per Prandelli e Abete viene percepita come una liberazione, non come, invece dovrebbe essere, una umiliazione.

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Prandelli in copertina

“Sono stato trattato, come un politico. Come se guidassi un partito… Pago le tasse, non rubo i soldi dei contribuenti. ” Lo sfogo del tecnico lascia sbigottiti. Una volta si diceva, sono stato trattato come un ladro, come un mascalzone, come un imbroglione, ora invece come un politico. Vabbè. Ma non è questo che lascia stupefatti. Quello che sotto certi aspetti sconvolge è il motivo, del suo stipendio.

Scrisse Filippo Facci. “Perché Cesare Prandelli è sottratto a qualsiasi spending review? Perché i giornali citano il rinnovo del suo contratto e però tralasciano, o mettono in secondo piano, che il suo ingaggio non è diminuito bensì aumentato? Prandelli è anche amico di Renzi: perché per lui non vale la proposta che i manager statali non guadagnino più di 239 mila euro, cioè l’appannaggio del capo dello Stato? Prandelli è pagato dalla Fgci che è supervisionata dal Coni, ente pubblico come lo sono le Ferrovie: perché allora ci si scandalizza per lo stipendio di Mauro Moretti che è la metà di quello di Prandelli? Qualcuno osserva che la Fgci è in attivo: ma lo sono anche le Ferrovie.”

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Cesare Prandelli, la fine

 

Tutto condivisibile, un ragionamento corretto. Perché davvero non si capisce il motivo per il quale il calcio debba essere considerato al di fuori del sistema-Paese, una Repubblica delle banane appunto. Prandelli ha rinnovato il contratto prima di partire per Brasile, un tre milioni lordi l’anno. Dieci volte lo stipendio del capo dello Stato, e allora come la mettiamo? Vincent Del Bosque, alla guida della Spagna vincitrice del Mondiale e dell’europeo è arrivato in Brasile con un contratto di circa 500 milioni di euro in meno. Ed ancora meno guadagnano i tecnici di Germania e Inghilterra.

Perché manager di stato devono avere un tetto e mister di Stato no? Il furore riformista di Renzi non ha neanche sfiorato il mondo del pallone. Chissà, perché.

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