pilb

Per non morire di Pil

 di Gianpaolo Santoro

Nel primo trimestre del 2014 in Italia il rapporto tra debito pubblico e Pil è salito dal 132,6 al 135,6 per cento. Rispetto all’anno scorso il rapporto debito/Pil è cresciuto di 5,4 punti percentuali. Nell’Unione europea e nella zona euro, in rapporto al Pil, il debito pubblico italiano è secondo solo a quello greco, che alla fine del primo trimestre era al 174,1 per cento.

Per l’anno in corso il governo stima un rapporto debito/Pil al 134,9 per cento basandosi sulla proiezione di crescita per il Pil dello 0,8 per cento. Ma le previsioni risultano decisamente sbagliate. Bankitalia nell’ultimo bollettino economico ha tagliato la stima del Pil per l’anno in corso, fissandolo ad una crescita dello 0,2 per cento anziché lo 0,7 previsto.

Questo è la radiografia del Paese. L’Italia è in coma. Non so quanto vigile. Dobbiamo morire di Pil ? Che cosa impedisce il mondo occidentale di superare il feticismo del prodotto interno lordo che, spesso in maniera distorta (un esempio per tutti: il Pil tratta l’istruzione come un costo anziché come un investimento fondamentale della società nello sviluppo di cittadini istruiti e produttivi) è stato utilizzato come misura diretta del progresso sociale e del benessere?

Bob Kennedy

Bob Kennedy

 

Quello di andare oltre il Pil, oltre “la religione delle cifre”, è un dibattito quasi cinquantennale, risale al celebre discorso di Bob Kennedy, in corsa per la presidenza degli Stati uniti, all’università del Kansas. “Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto:  eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta…”

Thomas_Kuhn

Thomas Kuhn

Come descritto da Thomas Kuhn in “La struttura delle rivoluzioni Scientifiche” in tutti i cambiamenti sociali sistemici, presto o tardi si dovranno affermare nuovi strumenti di lettura, nuove visioni del mondo e nuovi paradigmi che mettono fuori gioco le mentalità obsolete. La verità è che le società umane sono talmente complesse che non potranno mai essere misurate tramite una singola disciplina, un misuratore, specialmente se economico.

Di nuovi strumenti di lettura ne abbiamo conosciuti molti negli ultimi anni. Pil, Hdi,  Mps, Mah, Gnh, Lci, Ubd, Ciw, Mip, Bil e Piq. In questa lunga lista di acronimi è raccolto un diverso modo di interpretare, osservare, concepire il mondo. Istituzioni nazionali e internazionali si sono attivate nell’esplorare nuove strade per fotografare da angolazioni diverse la reale situazione. Il Programma di sviluppo dell’Onu (Psnu) ha elaborato un Indice di sviluppo umano (Hdi) per poter effettuare un’analisi comparativa dei paesi sulla base del calcolo combinato di Pil, sanità e istruzione. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), dal canto suo, ha dato vita al “Global Project on Measuring the Progress of Societies” (Progetto globale su come misurare il progresso delle società, Mps) che ha promosso l’uso di nuovi indicatori in maniera partecipativa.

Jigme Singye Wangchuck

Jigme Singye Wangchuck

Poi quando negli anni ’80, il re del Buthan Jigme Singye Wangchuck coniò il concetto di “Felicità interna lorda” (Gross national happiness, Gnh, un insieme di vari indicatori come promozione dello sviluppo equo e sostenibile, difesa e promozione dei valori culturali, conservazione dell’ambiente e buon governo) sono stati condotti vari studi per trovare elementi più concreti e oggettivamente “misurabili” cui ricorrere per valutare la reale crescita socio-economica di un paese.

E’, invece, del premio Nobel per l’Economia Daniel Kahneman la proposta di aggiungere al Pil il Mah (Measure of Aggregate Happiness) l’indice cumulativo di felicità).

Daniel Kahneman

Daniel Kahneman, Nobel per l’economia

E così, ad esempio, che alcuni Paesi come Olanda, Canada, Finlandia, Irlanda, Nuova Zelanda, Svizzera si sono impegnati per quantificare in forma più completa il proprio “stato di salute”. Una delle prime analisi è stata il Living conditions index (Lci) olandese messo a punto dal Social and Cultural Planning Office e composta da otto indicatori (abitazione, salute, tempo libero, beni di consumo durevoli, attività sportive e vacanze, partecipazione sociale e mobilità), un’indagine qualitativa di dati raccolti mediante sondaggi, in “presa diretta”, suddivisa per fasce della popolazione (età e classe socio-economica di appartenenza). L’istruzione, il reddito e l’occupazione sono giudicati “risorse” non inglobate nell’indice, ma che aiutano a inquadrarne i risultati.

Wen Jiabao

Wen Jiabao

La Germania dispone di un indice di crescita sostenibile, con particolare attenzione all’aspetto ambientale, l’Umwelt-Barometer Deutschlan; il Canada di un indice di benessere, il Canadian index of wellbeing (Ciw), basato su alcuni  indicatori delle condizioni di vita (reddito, salute, tassi di povertà, volatilità del reddito e stabilità economica, intesa anche come sicurezza del posto di lavoro, accesso ai beni di consumo e all’alloggio, rete di protezione sociale); la Nuova Zelanda, nell’altro emisfero, ha da tempo sviluppato un nuovo approccio all’analisi dei dati economici, il Sustainable development approach (85 indicatori che toccano 15 diversi aspetti della vita socio-economica) e l’Irlanda, al posto di un vero e proprio indice, grazie all’Ufficio centrale di statistica (il Cso) ha pubblicato un elaborato un articolato saggio sui “progressi misurabili dell’Irlanda” (Measuring Ireland’s progress, Mip).  Anche la Cina da dieci anni ha inaugurato una misura alternativa del Pil, il cosiddetto e molto contestato “Pil verde” voluto Wen Jiabao, primo ministro dal 2003 al 2013, un nuovo indice di sviluppo che tenesse conto delle conseguenze che lo stesso porta sull’ambiente naturale.

BIL

Ma fra tanti studi, indicatori, formule ce n’è uno che si sta sempre più affermando, il Benessere interno lordo (Bil) un indicatore che cerca di misurare la qualità della vita dell’uomo e della comunità in cui vive. E il rapporto con il Pil non è scontatamente diretto. Per le comunità in cui il prodotto interno lordo è basso (i cosiddetti paesi in via di sviluppo), ad esempio, sicuramente un aumento del Pil comporta un diretto aumento del Bil. Ma non è detto che sempre sia così. Esistono anche fenomeni che fanno aumentare il Bil senza far aumentare (o addirittura comportando una riduzione) del Pil. Per le comunità con un Pil elevato (i cosiddetti paesi sviluppati o comunque le comunità “economicamente ricche”) è dimostrato che frequentemente un aumento del Pil non comporta alcuna variazione positiva del benessere interno lordo. Anzi spesso comporta una diminuzione di tale indicatore (ad esempio, si può avere un alto prodotto interno lordo in una zona ad alto inquinamento, fattore che abbassa il Bil).

misurafelicita

La formula utilizzata per studiare il benessere in Italia si compone di otto indicatori: condizioni di vita materiali, istruzione, attività personali, partecipazione alla vita politica, rapporti sociali, ambiente e insicurezza economica e fisica. Il risultato è una classifica che  allarga i parametri rigorosamente economici del Pil: e così si scopre, a dire il vero neanche tanto a sorpresa, che l’Italia è ancora una volta diversa da come schematicamente viene descritta e pensata. Ed ovviamente parametri diversi, determinano graduatorie diverse. In vetta non troviamo il vecchio “nord operoso che macina ricchezza” (immagine comunque sbiadita al giorno d’oggi) che incorona Milano regina assoluta del Pil. L’indicatore del “Bil” punta con decisione verso il triangolo Romagna-Marche-Toscana premiando la provincia di Forlì-Cesena.

PNL-PIL-BIL

In Italia, poi, la Fondazione Symbola, in collaborazione con Unioncamere, ha dato vita al Piq – Prodotto interno qualità. E’ stato avviato nel 2007 un cantiere di ricerca (finito nel 2011) che aveva  come obiettivo quello di misurare il posizionamento del Paese o di un settore di attività rispetto al parametro della qualità. E che, nello stesso tempo, si prefiggeva di ripensare, su basi diverse, la questione del rapporto tra quantità e qualità dello sviluppo. Il Piq, quindi, è la risultante della sommatoria delle quote percentuali di qualità, in ciascun settore di attività economica, moltiplicate per il rispettivo valore aggiunto. Questa quota di qualità non si traduce in un numero ma in un valore monetario delle produzioni di beni e servizi di qualità.

Ma nonostante la produzione degli indicatori del benessere e della sostenibilità abbia avuto un grande sviluppo negli ultimi anni, ancora poco, molto poco, hanno inciso sulla qualità dell’azione politica. Ed è questo il nodo cruciale. Per non morire di Pil.

CondividiShare on Facebook0Tweet about this on TwitterPin on Pinterest0Share on Google+0Share on LinkedIn0Email this to someone

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Altri post dello stesso Autore