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Speriamo che se la cavano…

di Paolo Ariete

Primi giorni di scuola. Primi giorni della buona scuola. Storie di precari che trovano la  cattedra inseguita da anni, tanti anni,  lacrime e sorrise, arrivi e partenze. Agnese Renzi ha avuto una mano dalla dea bendata e la scuola l’ha trovata sotto casa. Capita. Nove milioni di ragazzi sono tornati in classe,  tra le regioni con più alunni, la Lombardia (1 milione e 185.662), seguita da Campania (920.964), Sicilia (763.529) e Lazio (741.633). Due riforme in pochi anni (Gelmini-Giannini), per una scuola che crolla. E non sono solo i soffitti a venire giù.

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La lezione di Renzi della buona scuola

Il fallimento italiano è tutto racchiuso nel rapporto (elaborato da Istat e Ocse) di Save The Children “Illuminiamo il futuro 2030 – Obiettivi per liberare i bambini dalla Povertà Educativa”: più che un dossier un pesante atto d’accusa. Quasi un minore su due (48,4 per cento), tra i 6 e i 17 anni, non ha letto neanche un libro l’anno scorso, più della metà non ha visitato né un sito archeologico (69,4) né un museo (55,2) e il 45,5% non ha svolto alcuna attività sportiva. Ne viene fuori un Paese inquietante:quale sarà la classe dirigente nei prossimi venti anni con queste premesse?

gita-spiazzoPigri, senza curiosità, appena appena sufficienti. Qualche volta proprio proprio ciucci. Quasi un quindicenne su quattro è sotto la soglia minima di competenze in matematica e quasi uno su cinque in lettura. E, comprensibilmente, il quadro diventa ancor più preoccupante se si analizzano realto realtà più difficili: tra gli adolescenti che vivono in famiglie con redditi bassi il 36 per cento non ha competenze minime di matematica e il 29 nella lettura. E  nel Sud quasi un ragazzo su due denota deficit gravi.

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La scuola buona. Viene da riflettere, le cause di questa povertà educativa sono complesse ma non si può non tener conto che solo un bambino su sei   tra 0 e 2 anni riesce ad andare al nido, che sette classi su dieci della scuola primaria non offrono il tempo pieno e che il 64 per cento dei minori non partecipa (spesso perché non ha la possibilità di farlo) a una serie di attività ricreative, sportive, formative e culturali. Il record negativo spetta a Campania (84 per cento), Sicilia (79) e Calabria (78).

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E poi parlano di Nord e Sud, dovunque si mette mano in questo Paese si delineano diversità enormi. Tessuto produttivo, infrastrutture, sistema bancario. E scuola. Basta  dire che, sempre fra i quindicenni, il 60 per cento frequenta scuole non adeguate a garantire la qualità dell’apprendimento e che uno su due dei ragazzi in condizioni socio-economiche svantaggiate che hanno aule con connessioni internet carenti, non raggiunge le competenze minime in matematica e il 41in lettura, percentuale che scende a 43 e 28 se le scuole sono ben connesse. Per il recupero dei minori più svantaggiati aiuterebbero dunque anche le attività extracurriculari, ma il 7 per cento dei 15enni frequenta istituiti che non le prevedono.

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E la precarietà strutturale delle scuole? Quasi una scuola su due  è priva di un certificato di agibilità e/o abitabilità, il 54 per cento non è in regola con la normativa anti-incendio, il 32 per cento non rispetta le norme anti sismiche e il 40 per cento degli edifici si trova in zone a rischio sismico (la metà dei quali al Sud) e il 10 per cento in aree a rischio idrogeologico.

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Claudio De Vincenti

Sono cifre che destano allarme ma è anche vero – come sottolinea Laura Galimberti, coordinatrice della Struttura di Missione per l’edilizia scolastica di Palazzo Chigi, che non tengono conto del lavoro realizzato dal Governo in questi ultimi mesi, dalla pubblicazione dei dati dell’Anagrafe sull’Edilizia Scolastica ai cantieri aperti. “Sono 1643 i cantieri aperti la scorsa estate chiuderanno nelle prossime settimane, oltre 454 interventi sono stati attivati per le scuole fino ai tredici anni e altri 501 per le scuole superiori, con un investimento totale di 344 milioni”. “C’è da lavorare  perché nessuno rimanga indietro” ha commentato anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti. C’è davvero tanto da lavorare, su questo non ci sono dubbi. Soprattutto nel Mezzogiorno

 

 

 

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