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Caccia grossa

 di Manuela D’alessandro

Caccia grossa di Ilda Boccassini. Trentadue anni dopo arrestato Rocco Schirripa, perché ritenuto l’uomo che freddò il magistrato torinese Bruno Caccia nel 1983 su mandato di Domenico Belfiore. Il killer beffato con uno stratagemma

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Trentanni fa i servizi segreti consegnarono a un pentito un registratore per raccogliere la confessione di Domenico Belfiore sull’omicidio del magistrato torinese Bruno Caccia. Finì che anni dopo Belfiore venne condannato in Cassazione come mandante del delitto ma quelle registrazioni furono considerate inutilizzabili dalla Cassazione.

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il magistrato Bruno Caccia

Ora, la Procura di Milano prova a stanare dalle polveri della storia uno dei presunti killer del procuratore torinese con altri strumenti d’indagine non convenzionali: lettera anonime inviate dalla Questura e virus inoculati nei telefonini. Prima, dalla Questura di Torino sono partite delle missive destinate a una ristretta “rosa” di 3 prescelti che riproducevano un articolo della ‘Stampa’ del giorno dell’agguato e con la scritta sul retro: “Omicidio Caccia: se parlo andate tutti alle Vallette. Esecutori: Domenico BelfioreRocco Barca Schirippa. Mandanti Placido Barresi, Giuseppe Belfiore, Sasà Belfiore”. L’obbiettivo era innescare, come poi in effetti è avvenuto, una discussione tra le persone citate nella lettera, tutte vicine al sospettato numero uno, Rocco Schirripa, arrestato perché ritenuto l’uomo che freddò il magistrato torinese nel 1983 su mandato di Domenico Belfiore. “E’ stata la prima volta che ho usato questo stratagemma”, ha ammesso Ilda Boccassini in conferenza stampa.

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Ilda Boccassini

Poi, per ascoltare quello che si dicevano, gli hanno inoculato negli smartphone dei virus informatici in grado di attivare il microfono e la videocamera dei telefonini. Una tecnica d’indagine molto invasiva, marchio di fabbrica di Hacking Team, che la Corte di Cassazione (sentenza 27100/2015) ha giudicato utilizzabilie solo se “l’intercettazione avviene in luoghi ben circoscritti e individuati ab origine e non in qualunque luogo si trovi il soggetto“.

Gli intercettati parlavano di quelle che definivano “cose delicatissime” solo sul balcone di casa Belfiore, pensando così di evitare le intercettazioni ambientali tradizionali attraverso microspie negli ambienti domestici. Invece, ogni loro sospiro veniva carpito dai telefonini, tranne quando li spegnevano. “Solo in casa di Domenico Belfiore – evidenzia il gip nell’ordinanza – è stato attivato dalla polizia giudiziaria il microfono degli smartphone intercettati”.

 

 

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