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L’esame “stepchild adoption”

  di Milena Miranda

 Entro fine mese il Senato affronterà il riconoscimento delle Unioni civili, una legge che divide trasversalmente le forze politiche, frutto di anni di discussioni e divisioni, indecisioni e ripensamenti. L’ultima iniziativa quella di senatori e deputati cattodem che hanno proposto lo “stralcio” dell’articolo sulla “stepchild adoption” per le coppie omosessuali, proponendo come alternativa l’affido rafforzato. Ma la maggioranza del Pd non intende cambiare più nulla. Si susseguono incontri, tentativi di mediazione, la prossima settimana è prevista anche una nuova riunione della “bicameralina”. L’orientamento è, comunque, di lasciare “libertà di coscienza”

 Una legge che, comunque vada, corre il rischio di nascere già vecchia, di risultare giù superata dai fatti e, soprattutto, dalle  decisioni prese nei Tribunali italiani chiamati a decidere in maniera che si definisce “creativa”, perché i magistrati si vedono “costretti” ad intervenire intervengono surrettiziamente lì dove il Legislatore non lo fa.

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La magistratura, però, non crea nulla: la verità è che c’è una grossa inadempienza del Legislatore e si procede in questo vuoto “inseguendo” le decisioni prese nei Tribunali italiani e, probabilmente, proprio per questo non ha torto chi ritiene che l’impianto normativo sul quale si è chiamati a decidere risulti essere superato dalle sentenze che stanno formando la giurisprudenza in materia.

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Monica Cirinnà

C’è nel Paese un grande dibattito etico e politico: la questione che ha diviso più di ogni altra la stessa Commissione che ha lavorato al decreto legge Cirinnà è la cosiddetta  “stepchild adoption” (art.5), ovvero l’adozione del figlio del partner, cui parte della Commissione ha chiesto lo stralcio, opponendo (emendamento 5.19, Lepri-Fattorini) l’ “affido rinforzato”.

La questione non è di poco conto, perché il riferimento è rivolto a due istituti differenti (adozione e affido) che  trovano entrambi il loro fondamento nella necessità per il minore di conservare la continuità affettiva, ma che restano l’uno legato al definitivo stato di figlio e l’altro alla temporaneità del suddetto stato.

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E’ d’obbligo precisare che la “stepchild adoption” è il frutto di un compromesso tra chi chiedeva la piena legittimazione di minori nati ed accolti in famiglie omogenitoriali e chi invece voleva l’adozione piena. Rispetto all’adozione piena o legittimante, la “stepchild adoption” garantisce unicamente il legame con il genitore non biologico (genitore sociale) ma non con la famiglia d’origine di questi, senza essere nipote, ad esempio, dei genitori né dei fratelli e sorelle del “genitore sociale”, con l’ovvia conseguenza di rimanere escluso dai diritti successori rispetto ai “parenti acquisiti”, che di fatto, dal punto di vista giuridico, non sono parenti. In pratica si verrebbe a riprodurre lo stesso “status giuridico” dei figli nati fuori dal matrimonio prima della legge 219/2012 (e successivo D.lgs 154/2013) quindi una sorta di “adozione debole” e non un pieno riconoscimento, come richiederebbe la tutela del minore che cresce in una famiglia omogenitoriale.

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Allo stesso modo, se in una famiglia omogenitoriale sono presenti minori che hanno un legame biologico rispettivamente con ciascuno dei due partner, questi, ove adottati con stepchild dal genitore sociale, non saranno fratelli tra loro. Se la “stepchild  adoption” , però, non appare totalmente soddisfacente,  “l’ affido rinforzato”, lo è ancora meno: tale affido è soggetto a revoche come alla rinuncia da parte dell’affidatario ( che viene definito genitore sociale) e, soprattutto, viene meno con la morte  dell’affidatario, non dando luogo ad alcun diritto successorio, come invece avviene per l’adozione.

Se invece muore il genitore biologico, il legame di affido (affido rinforzato, appunto) si può tramutare in legame adottivo solo su richiesta dell’affidatario e previa valutazione dell’autorità giudiziaria. L’”affido rinforzato” non garantisce al minore quella continuità affettiva con il genitore sociale, che eviterebbe di esporre un minore, cresciuto e accolto in una famiglia omogenitoriale, all’eventualità di distruggere il rapporto che ha creato col “genitore sociale”.

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Tale affido  lede poi una serie di principi  (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo; sentenza X contro Austria del 19/02/2013; sentenza della Corte d’Appello di Roma del 23/12/2015). Si tratterebbe di un istituto che prevede una “tutela eventuale”, disposta solo in alcuni casi e a titolo discrezionale, quindi con carattere discriminatorio.

La tutela dei diritti dei minori non può essere oggetto di “sconti”, o peggio di “eventualità”, ed è un fatto che nulla è più discriminatorio del mancato riconoscimento della pari dignità  a minori che crescono in famiglie omogenitoriali rispetto a quelle cresciuti in famiglie etero. Un impianto normativo, comunque, appare ora più che mai indispensabile e la stepchild, pure se non piena, dà inizio ad un iter di adottabilità, senza dubbio più rispondente a tale necessità. Vedremo.

 

 

 

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