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I partigiani anti Brexit

di Corrado Ocone

Il primo passo che avrebbe dovuto compiere una informazione seria, prima e dopo del voto, era separare, nella misura del possibile, i fatti dalle opinioni; quindi, cercare di mettere a confronto le diverse opinioni o tesi, quelle favorevoli e le contrarie al Brexit, rigorosamente documentate e argomentate, in modo che ognuno avesse qualche strumento in più per farsi la sua di idea. Che, dovrebbe essere sottinteso, era legittima indipendentemente da quale essa fosse

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Mettiamo che un marziano, il solito marziano di Ennio Flaiano, rifaccia una capatina a Roma in questi giorni. E, per informarsi, cioè per aggiornarsi su quel che si dice e pensa sui “fatti del giorno”, compri i tre o quattro giornali maggiori, ascolti radio e tv, visiti qualche sito.

La prima idea che si farà è che l’Italia sia ripiombata in un regime dispotico, diciamo pure che il fascismo sia ritornato. E che, fra l’altro, il nemico sia quello di sempre: la “perfida Albione” con la sua mentalità bottegaia e plutocratica e con l’inguaribile vizio di far votare i suoi cittadini con quel sistema che chiamiamo democrazia e che, certo in sé imperfetto, è, come diceva un suo figlio, il migliore che finora sia dato conoscere.

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I fatti sono noti: i britannici, da sempre scettici su quel progetto dirigistico e burocratico che si chiama Unione Europea, sono stati chiamati a decidere, in prima persona, se continuare ad aderirvi (fra l’altro fino ad oggi parzialmente) o meno. Chi altri, se non loro stessi, doveva deciderlo? Non era fino a ieri un dogma del pensiero progressista l’ “autodeterminazione dei popoli”?

Una scelta importante e complessa, non c’è dubbio, come ha detto Giorgio Napolitano, ma questo non giustifica certo l’idea, sottintesa nella sorprendente dichiarazione rilasciata a caldo dell’ex presidente della Repubblica (che, ahimè!, vede crollare la seconda fede della sua vita), che i cittadini di una democrazia, fra l’altro la più antica e solida del mondo, debbano essere accompagnati per mano o con le dande a fare la “scelta giusta”, l’unica morale, che in questo era il Remain. Una scelta prestabilita che si vorrebbe la migliore per tutti perché certificata da élite che si considerano e si sono autoproclamate illuminate ma che in verità non hanno nemmeno il conforto della storia a giustificazione di questa loro pretesa (generalmente il popolo ha dimostrato, nelle scelte fondamentali, molta più saggezza dei “chierici”).

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Napolitano e Renzi

Su questa lunghezza d’onda, su giornali e media un unico insopportabile lamento, un insieme di idee e frasi fatte, con nessuno che si è posto laicamente il compito di capire prima di giudicare. Proprio perché la scelta era importante e complessa, ciò che occorreva mettere in campo da parte della stampa era un atteggiamento il meno ideologico possibile.

Il primo passo che avrebbe dovuto compiere una informazione seria, prima e dopo del voto, era separare, nella misura del possibile, i fatti dalle opinioni; quindi, cercare di mettere a confronto le diverse opinioni o tesi, quelle favorevoli e le contrarie al Brexit, rigorosamente documentate e argomentate, in modo che ognuno avesse qualche strumento in più per farsi la sua di idea. Che, dovrebbe essere sottinteso, era legittima indipendentemente da quale essa fosse. È questo e null’altro il ruolo che si richiede alla stampa in un paese libero, in una “società aperta”: un effettivo pluralismo delle opinioni e non unico, conformistico coro, come nei regimi autoritari.

 Corrado Ocone

Corrado Ocone

Niente di tutto questo è accaduto in Italia. L’idea sottesa a tutti i commenti, oltre agli scenari apocalittici messi in campo, è che un popolo di zoticoni ha deciso di non essere parte di un progetto in cui non crede e che, poiché questo progetto era il migliore per lui e per tutti, l’unico altamente morale, quel popolo va apostrofato agli occhi della storia come egoista e immorale.

Un ragionamento che è, a ben vedere, la quintessenza del pensiero ideologico, delle teologie politiche che tanto danno hanno arrecato nel Novecento con il passaggio in loro automatico dalla politica all’etica, appunto, e con la connessa demonizzazione morale dell’avversario politico e l’isolamento e l’esclusione del dissenziente.

Certo, ad uno sguardo più approfondito, il nostro marziano si renderà conto che l’isolamento nell’Italia di oggi, dettato dall’Intellettuale Collettivo, non comporta, vivaddio, l’eliminazione fisica. Ma ciò rende il “pensiero unico” dominante ancora più subdolo, se così si può dire.

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David Cameron

Esso non genera più l’odio per il potente, che agiva alla luce del sole, che era proprio del primo. Esso, piuttosto, genera oggi soprattutto il servilismo delle coscienze, oltre alle frasi fatte e all’ingabbiamento del pensiero in griglie già date e che scattano in automatico, Chiunque, consciamente o no, sa che se contrasti l’ideologia del “politicamente corretto” che ci domina, e che come in questo caso mostra sempre più protervia e arroganza, sei liberissimo di farlo: nessuno contrasterà le tue idee , che potrebbero ovviamente anche essere sbagliate ma che almeno andrebbero passate al vaglio del confronto e delle argomentazioni.

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Semplicemente, da quel momento in poi, passi nell’indifferenza nell’anonimato, sei dimenticato, nessuno avrà più interesse a parlare con te. In una parola, non sei un diversamente senziente e pensante, ma sei visto come un immondo o immorale.

Che fare? Credo che oggi non basti coltivare sacche di resistenza liberale al “pensiero unico” che pervade le nostre coscienze e che ha nell’informazione le proprie casse di risonanza. Non possiamo continuare, noi pochi, “i quattro gatti liberali”, a parlarci addosso, fra di noi. Occorre, piuttosto, passare all’azione, “penetrando nelle fila del nemico” là dove è possibile e mettendo di fronte alle sue enormi contraddizioni un pensiero come quello vincente che, essendo a tesi e già stabilito prima di ogni confronto democratico o dialettico, diventa per forza di cose selettivo e affetto da doppiopesismo.

 

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Un pensiero su “I partigiani anti Brexit

  1. Daniele

    Più semplicemente, leggo che i sondaggi in GB danno i giovani fino a 45 anni favorevoli alla UE. Al di sopra dei 45 anni cominciano gli scettici, gli sfiduciati, coloro che sono sempre vissuti come un’isola e nel commonwealth. Mi viene da pensare che basterà aspettare il 2070, data indicativa, per avere al potere quelli che oggi sono giovani favorevoli alla UE.

    Replica

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