di Giuseppe Mazzella
Lo strumento della “ democrazia diretta”, cioè il referendum, non può in determinati Paesi essere utilizzato in maniera indiscriminata o con troppa facilità. Opportunamente la Costituzione della Repubblica Italiana vieta il ricorso al referendum sui trattati internazionali
C’è una lezione o meglio una forte riflessione che ci viene proposta dall’esito del referendum inglese sulla “ Brexit” con il quale con un lieve scarto di voto il popolo britannico – che non è solo quello inglese ma anche quello scozzese, gallese, nordirlandese insieme dal XVIII nel “ Regno Unito” – ha deciso di uscire dall’Unione Europea.
La lezione o la riflessione è che lo strumento della “ democrazia diretta” cioè il referendum non può in determinati Paesi essere utilizzato in maniera indiscriminata o con troppa facilità.
Il referendum è strumento ordinario di democrazia politica solo in Svizzera che è da almeno tre secoli una straordinaria forma di organizzazione di Stato e di convivenza civile. E’ una “ Confederazione” di 26 “ Cantoni” che sono dei “ ministato” ciascuno con una propria costituzione scritta. Ha 4 lingue ufficiali – il tedesco,il francese, l’ italiano ed il ladino – ed il Governo centrale spesso sottopone a referendum questioni piccole o grandi.
Gli svizzeri non aderiscono all’Unione Europea e su questo tema hanno già fatto due o tre referendum. Si può affermare che in Svizzera la democrazia diretta si sposa magnificamente con quella indiretta cioè con l’ ampia partecipazione attraverso i rappresentanti a tutti i livelli eletti dal popolo.
Ma la Svizzera ha soli 7 milioni di abitanti che hanno uno dei redditi più alti del mondo ed hanno scelto un ruolo di “ neutralità perpetua” tra le grandi Nazioni europee rispettato perfino nella seconda guerra mondiale.
Estendere l’uso del referendum anche a democrazie più grandi e più complesse su tematiche complicate che richiedono un voto meditato, attento, profondamente studiato, senza lasciarsi prendere dall’ emotività, è , dal mio punto di vista, molto rischioso.
Opportunamente la Costituzione della Repubblica Italiana vieta il ricorso al referendum sui trattati internazionali. E’ paradossale che un referendum metta in crisi la più antica e funzionante “ democrazia indiretta” del mondo poiché gli inglesi hanno posto la centralità del Parlamento nella loro rivoluzione del 1669, un secolo prima dei francesi. Perfino il generale de Gaulle che fece della “ rivalutazione” del referendum un cavallo di battaglia del suo pensiero e della sua azione politica non sarebbe arrivato a tanto. Il fondamentale “ trattato dell’ Eliseo” del 22 gennaio 1963 tra de Gaulle e Adenauer che sanciva una “ forte amicizia” tra la Francia e la Germania dopo secoli di inimicizia e che è tuttora alle fondamenta del patto di consultazione e collaborazione stretta tra Francia e Germania accettato da qualsiasi Presidente francese e da qualsiasi Cancelliere tedesco non è mai stato sottoposto a referendum. Adenauer e de Gaulle, così diversi per formazione culturale ed idee politiche, seppero “ guidare l’ opinione pubblica più avanti”. Come grandi uomini di Stato.
E’ evidente che una democrazia politica si rafforza tenendo conto della Storia di un Paese. Keynes affermò che non sapeva cosa rende un uomo più conservatore: non conoscere nulla tranne il presente o nulla tranne il passato. Per capire e guidare il presente bisogna conoscere il passato ma non rimanerne schiavo.
Il referendum inglese ci ammonisce anche sulla differenza tra “ un uomo solo al comando” ciò tra un novello “ cesarismo” che finisce come ogni dittatura in un dissolvimento dello Stato comunque concepito ed un efficiente “ leaderismo” cioè un Capo Responsabile di una Democrazia Indiretta di divisa nei tre poteri ( legislativo, esecutivo e giudiziario) profondamente decentrata negli enti locali a loro volta democraticamente governati con sindaci, presidenti, assessori e consiglieri eletti dal popolo e loro “ rappresentanti”.
La lezione inglese insegna qualcosa all’Italia avviata verso una Terza Repubblica con una riforma costituzionale da fare bene senza stravolgere la bella e buona Carta della Prima Repubblica messa in pericolo da questa assurda Seconda Repubblica che dura in Italia da almeno 20 anni avviata con due leggi elettorali assurde di cui l’ ultima detta “ Porcellium” ha “ nominato” un Parlamento senza legittimità con la formazione di “ gruppi” che a loro volta hanno dato vita a coalizioni di governo senza presentarsi al popolo e diretto oggi da un “ leader” di un partito indistinto che non è nemmeno deputato! Così negli enti locali il novello “ cesarismo” ha permesso un presidente di Regione quasi oligarca detto “ Governatore” ed un sindaco di fatto un “ podestà” che dà cittadinanze onoraria senza nemmeno convocare il Consiglio Comunale abilitato per legge a deliberarle!
Bisogna, dal mio punto di vista, avviare necessariamente una Terza Repubblica ma prima di tutto bisogna difendere le conquiste della Prima difendendo la Costituzione vigente (sono un convinto sostenitore del No) e poi mettere mano alle necessarie correzioni della Carta del 1948 ( abolire il Senato, soli due livelli di potere locale, il Comune e la Regione, accorpare i Comuni-polvere, una legge elettorale proporzionale con la soglia del 5 per cento rivalutare la partecipazione civile in partiti e movimenti, prevedere il referendum “ deliberativo” da parte del Presidente della Repubblica sul modello francese).