di Giovanni Pasàn
Sembra che le decisioni definitive siano arrivate in quei giorni da cuore matto. Berlusconi ha scelto i suoi condottieri in quelle ore che hanno accompagnato il suo intervento a cuore aperto: Stefano Parisi per Forza Italia e Vincenzo Montella per il Milan. Che poi sono due che in fondo si assomigliano, miti, pacati, rassicuranti. Educati e sorridenti. Quello di cui oggi ha bisogno il Cavaliere alla soglia degli ottanta anni
Naturalmente piazzare “Vincenzino l’areoplanino” sulla panchina che fu di Rocco, Liedholm, Sacchi e Capello è stato molto più facile: in quella scatola cinese che oggi è il Milan, Berlusconi ha ancora l’ultima e unica parola. Fininvest o non Fininvest il padre-padrone del Milan è ancora lui.
Si, ha dovuto convincere il fido Galliani che aveva promesso i rossoneri a Giampaolo ma non è stato complicato. Va avanti così da 25 anni, il braccio e la mente. E poi il tecnico è finito alla Samp (dov’era Montella), insomma uno scambio di caselle facile facile.
In Forza Italia le caselle sono più complicate. Si narra che il Cavaliere abbia invitato a colazione ad Arcore i capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Romani, ed abbia comunicato di voler affidare il partito a Parisi, nominarlo commissario col mandato di azzerare tutto. Naturalmente la decisione ha generate immediatamente le rimostranze dei due che suggerivano l’esigenza di creare un direttorio comprendente le figure più rappresentative, antichi compagni di viaggio da mischiare con volti nuovi per una gestione plurale, collegiale. A questo punto pare che Berlusconi si è alzato dal grande tavolo di noce, senza dire una parola. E’ tornato dopo un’ora e mezza. “Scusate ho fatto un piccolo riposino… Del resto noi ci siamo detti tutto, no?”.
Ritorno al futuro. Il nuovo corso di Forza Italia, riparte con le regole vecchie, un uomo solo al comando. Un lungo salto indietro nel tempo di ventitrè anni, a quel 1993 quando nacque dal niente il partito che un anno dopo vince a sorpresa le elezioni.
Un burocrate che pensa da manager. Gabriele Albertini nel suo libro “Nella stanza del sindaco” ha descritto così Stefano Parisi, 59 anni, romano trapianto a Milano, una lunga militanza socialista, vicesegretario del Psi universitario romano e capo della segreteria tecnica di Gianni De Michelis all’epoca ministro degli Esteri.
“Uno di loro che pensa come noi’ : un altissimo burocrate ma con una visione molto imprenditoriale, manageriale, di questa sua funzione. Io e Letizia Moratti ci trovammo perfettamente d’accordo sul come definire Parise” ha scritto Albertini.
Parisi val bene una messa ha titolato Giuliano Ferrara che benedice la scelta di Berlusconi. Anzi la considera l’ultima spiaggia del centro destra “Stefano Parisi è l’ultimo appello alla borghesia sderenata, ricca e cialtrona. Di un tipo così c’è bisogno, e se farà quel che promette sarà un progresso per tutti. Stile analitico e non demagogico, un pacato e ragionatore.”
La sensazione che la scelta del Cav abbia consensi più che all’interno del partito. Ma si sa, mugugni, rivendicazioni, e proteste non mancano mai. Primarie? Figuriamoci.
“Diciamo senza timore di sbagliare – ha scritto Vittorio Feltri – che il solo personaggio accreditato quale trascinatore è proprio Parisi. Gli altri forzisti che ambirebbero a soffiargli il posto non ci sembrano idonei. Riconosciamo che alcuni di essi sono stimabili e di qualche spessore, ma non abbastanza per ambire a sostituire il Berlusconi dei tempi migliori, quello che sorprendentemente riuscì a sconfiggere Occhetto. Raschiando il barile di Forza Italia non viene fuori altro nome che non sia quello del mancato sindaco di Milano”.
Naturalmente gli alleati del centro destra , Lega e Fratelli d’Italia, scalpitano. Una cosa è la leadership degli azzurri, altra quella del “rassemblement” anti Pd e Renzi. Per ora tutti uniti nel No al referendum. Poi si vedrà…