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Il naziportiere

di Ernesto Santovito

Para tutto e anche di più. L’unica cosa che non riesce a parare sono le polemiche per tutti i casini che combina, uno dietro l’altro, una valanga. Gigi Buffon è fatto così. Tanto freddo e regolare in campo, quanto istintivo ed imprevedibile fuori dal campo di calcio

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Nella doppia settimana dedicata alla nazionale il buon Gigi è riuscito a prendersi gli applausi di Francois Hollande (per aver fermato i fischi dei tifosi alla nazionale francese durante gli inni) e la reprimenda di Benjamin Netanyahu (per aver gridato “viva la Palestina” in occasione dei gol dell’Italia contro Israele ad Haifa).

Ad essere sinceri sulla esultanza pro Hamas di Buffon il dibattito è aperto. C’è chi dice che è vero e chi parla di una bufala.   A diffondere la notizia, un seguitissimo giornalista sportivo del Qatar, Amin Judah,  sul suo account twitter (con 170mila followers). Ma non è stato il solo. “Hamas ha reclutato il portiere della nazionale italiana Buffon per fare propaganda alla Palestina” ha scritto yetnews.com.

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D’altro canto c’è da registrare anche il tweet di Izzet Al-Rishq, membro dell’ufficio politico di Hamas. “Sia benedetto Buffon. Lo ringrazio a nome della Palestina”. In Iran la tv satelittare Press Tv (ma lo stesso hanno fatto  anche tutti i maggiori giornali) ha lodato il capitano della nazionale italiana, ricordando anche con ammirazione che nella stagione 2009-2010 in Champions League Buffon si era rifiutato di dare la mano al capitano del Maccabi Haifa.

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Il manifesta per la Palestina dell’Observatoire du halal

Abbia o non abbia gridato “Viva la Palestina” durante la partita della nazionale contro Israele parrebbe fuori discussione il suo impegno per l’Hamas.

L’Observatoire du halal lo annovera , comunque, in un manifesto di celebrità a favore della causa palestinese. Buffon, che è stato a Gaza nel 2014,  è insomma un mito nel mondo islamico.

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Non altrettanto si può dire in Israele. Facciamo un salto all’indietro di 15 anni, all’inizio della stagione 2000-2001, con il Parma, Gigi sceglie come numero di maglia l’88, facendo scatenare un vero e proprio putiferio. Vittorio Pavoncello , a quei tempi responsabile dello sport della comunità ebraica di Roma,  parlò addirittura di apologia al nazismo. Il numero 88, infatti, sarebbe associato a Hitler (l’ottava lettera dell’alfabeto è la H, quindi due 8 rischiavano di essere interpretati come simbolo dell’Heil Hitler“Ho scelto l’88, cioè quattro palle, quale altro poteva essere il numero per un uomo con 4 palle?” fu la sua giustificazione che però convinse poco.

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Il “Boia chi molla” portato in parlamento dalla Mussolini

Anche perché il buon Gigi, sempre a Parma una volta mostrò sotto la curva una maglietta con la scritta “Boia chi molla“: gesto che, oltre ad uno tsunami di critiche, gli costò il deferimento alla commissione disciplinare. Spiegò tutto ai giudici, e ai lettori della sua autobiografia sportiva, con queste parole: “L’idea era nata da una scritta incisa sul cassetto di un tavolo ai tempi del collegio. Non voleva esserci alcun aggancio con il motto che durante la Prima guerra mondiale era del corpo degli Arditi, dal quale nacquero nel 1919 i Fasci di combattimento.

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Fieri di essere italiani. E croce celtica

A dire il vero era stato anche il motto dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana, della famigerata “X Mas”, ma per il buon Gigi era solo un vecchio, anonimo, slogan dei tempi del collegio.

E quella volta al Circo Massimo per festeggiare la vittoria del campionato del mondo con lo striscione con su scritto ”Fieri di essere italiani” con annessa una Croce celtica?  Sosteneva Agatha Christie che un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza ma tre indizi fanno una prova. E caro Gigi, qua gli indizi  sono ancora di più…

 

 

 

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