di Corrado Ocone
L’Italia, ha voluto mantenere un’equidistanza fra le pretese della Palestina e la realtà di Israele astenendosi. Quasi che l’equidistanza fra il giusto e il torto, fra il fanatismo e il pluralismo liberale, possa essere considerata equidistanza fra valori comparabili e simmetrici
Sdegno, indignazione, protesta. Ma possiamo meravigliarci che si sia arrivati a ciò, e cioè a una vera e propria riscrittura della storia, a una manipolazione della memoria e dell’identità culturale di un popolo? E che tutto ciò sia avvenuto per mano di un’agenzia delle Nazioni Unite che si propone proprio la promozione e la salvaguardia della cultura? No, se si hanno presenti alcuni fattori:
1. che l’Unesco fa parte appunto della più vasta famiglia dell’Onu, che entrambe sono nate per impulso di una mentalità illuministica e democratica e non storicistica e liberale;
2. che la “legge aurea” di ogni burocrazia, a maggior ragione di una burocrazia transnazionale, è quella di “darsi da fare” per preservare il proprio ruolo e autoconservarsi. Casomai sfruttando la buona fede dei più, il mainstream, il pensiero dominante o la mentalità buonista dell’uomo medio (quante volte lo stolto invoca l’Onu per risolvere problemi che esso non può risolvere o che risolve male?)
3. che la cultura non ha bisogno di ministeri o promoter, si autogenera per impulso spontaneo. Tanto che ogni forma di controllo o “promozione culturale” produce incultura o semplicemente, come nel nostro caso, “mostri”.
La mentalità democratica a cui l’Unesco si ispira vuole che “uno valga uno”. E che cioè la maggioranza illiberale e antisemita degli Stati musulmani possa predominare sulla minoranza degli Stati pluralisti e liberi.
Che è quello che è accaduto quando è passata una risoluzione che condanna Israele a riconoscere la sacralità per l’Islam di Gerusalemme est e a negare pertanto la sacralità, e anzi l’esistenza stessa, del Muro del Pianto, cioè del luogo maggiormente simbolico dell’ebraismo.
La cosa più scandalosa poi è che alcuni stati, fra cui l’Italia, hanno voluto mantenere un’equidistanza fra le pretese della Palestina e la realtà di Israele astenendosi. Quasi che l’equidistanza fra il giusto e il torto, fra il fanatismo e il pluralismo liberale, possa essere considerata equidistanza fra valori comparabili e simmetrici. Che tutto ciò avvenga poi per mano di un ente inutile che spende i nostri soldi nel modo più futile possibile, è semplicemente scandaloso.
Impegnata a chiedere certificati di “patrimonio dell’umanità” a luoghi più o meno remoti, o addirittura alla “pizza napoletana”, la diplomazia italiana ha finito poi per dare un senso all’abusata, ma in questo caso efficace, espressione arendtiana. Ha messo in scena la banalità del male.